Era il lontano 1800 quando, a Parigi, fu varato un emendamento che vietava al gentil sesso di coprire le gambe se non per motivi medici. In caso contrario si era obbligate a  “avvisare” la polizia. Erano solo due le occasioni in cui non occorreva richiedere l’autorizzazione:  nell’ipotesi in cui le donne “impugnassero il manubrio di una bicicletta o le redini di un cavallo”.

Accadeva (fino a ieri) nella cugina Francia, culla, insieme all’italia, della moda. Contro questa legge si sono battute le femministe di ogni sorta. La prima fu, nel 1887, Marie-Rose Astié de Valssayre. La sua richiesta, presentata in parlamento, fu archiviata senza troppe remore.

La stessa Coco Chanel, da sempre rivoluzionaria degli schemi preconfezionati e dell’immagine della donna, volle inserire i pantaloni nel vestiario femminile. 

Nel 1969, in piena rivoluzione sessuale, il Comune di Parigi invitò la polizia ad annullare la legge anti pantaloni. Una richiesta rinviata al mittente dal capo delle forze dell’ordine che ritenne “assurdo” modificare una norma solo per adeguarsi a una “moda del momento”.

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Nel 2004 una nuova richiesta, da parte di una deputata di destra che si sentì rispondere dall’allora ministro della pari opportunità DONNA che “la portata sarebbe stata puramente simbolica”, quindi inutile.

Inutile dire che negli anni questa “regola” era stata implicitamente abolita. Le donne francesi, da buone modaiole, hanno sempre indossato i pantaloni. Nonostante questo le nostre cugine non hanno rinunciato a volere un’abolizione anche formale. GIUSTAMENTE!

La socialista Vallaud-Belkacem (schieramento Hollande) ha voluto in nero su bianco e così la Gazzetta Ufficiale del Senato ha annunciato che l’antica regola e’ da ritenersi non piu’ in vigore, cioe’ tecnicamente ‘caduta in desuetudine’, perche’ “incompatibile con i valori odierni” della Francia, e in particolare “con il principio della parita’ tra i due sessi”.

E’ proprio il caso di dire “Viva la FrancESE!”

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