Quella della violenza di genere e degli abusi sulle donne è una piaga che non risparmia nessun paese del mondo, neppure quelli che vantano un grande rispetto e un’attenta gestione della tutela dei diritti inviolabili dell’essere umano. Perché ciascuno di loro, pur tra i progressi culturali, sociali ed etici, porta ancora in sé gli odiosi retaggi di una società improntata al maschilismo e al patriarcato, in cui l’uomo era padrone e poteva decidere anche del destino delle proprie donne, fossero esse sorelle, mogli o amanti, diffusa un tempo (neppure troppo remoto) persino in quei paesi diventati poi cosiddette “grandi democrazie”.

Senza andare troppo lontano lo constatiamo, purtroppo, quasi quotidianamente nel nostro paese, dove tra i fatti di cronaca i femminicidi occupano sempre uno spazio “privilegiato”, come testimonia anche il recente articolo sulla lunga scia di sangue che non si arresta, e che conta circa una decina di vittime nell’estate 2017.

Spostandoci Oltreoceano, invece, sono terribili le storie che ci giungono frequentemente dall’America Latina, parte del continente americano che pure ha mostrato di saper compiere grandi passi in avanti nel processo di democratizzazione e nell’economia.

I dati che arrivano da alcuni paesi del Centro e Sudamerica fanno impressione data la proporzione: 150 mila denunce per violenza domestica nel 2016 in Cile (ovviamente si parla solo di episodi registrati, ma chissà quanti altri sono invece passati sotto silenzio) 9 donne su 10 vittime di violenza e ben sei quelle uccise ogni giorno in Messico, secondo i dati riportati dalla BBC.

Com’è possibile tanta violenza e tanta brutalità verso il genere femminile in un paese diventato famoso come meta di villeggiatura per turisti provenienti da tutto il mondo, e che vanta alcune tra le più belle testimonianze rimaste delle civiltà Maya e Azteche? Il fatto è che in Messico esiste ancora, decisamente radicata nella mentalità degli abitanti, la cultura machista, che pone l’uomo a un livello decisamente superiore rispetto alla donna, come spiegano le donne delle associazioni di protesta contro le violenze, ascoltate dalla BBC; in aggiunta a ciò, data l’altissima percentuale di casi non risolti dalle autorità locali, ben il 99%, riporta sempre la versione online del canale inglese, molte famiglie neppure si rivolgono alla polizia per denunciare fatti di violenza o omicidi, nella convinzione che nulla cambi, perciò gli autori di stupri e violenze possono agire indisturbati senza paura di ripercussioni legali.

Spesso le violenze, in un clima generale di omertà e di paura, avvengono alla luce del sole, come accaduto a Itzel: il 1° giugno scorso la ragazzina, appena quindicenne, è stata aggredita per strada in pieno giorno nei pressi della stazione della metropolitana di Taxquena, a Città del Messico. Era uscita da poco da scuola e aspettava che suo padre andasse a prenderla, quando un trentenne l’ha avvicinata e l’ha costretta a seguirlo, minacciandola con un coltello, nonostante lei gridasse cercando aiuto dai passanti. L’uomo l’ha condotta sotto un ponte dove ha abusato di lei per circa due ore, fino a quando Itzel non è riuscita a strappargli il coltello e l’ha colpito, ferendolo gravemente. L’uomo è morto il giorno dopo in ospedale, mentre Itzel è stata accusata, dopo l’intervento della polizia, di omicidio volontario.

Al fianco dell’adolescente, che aveva denunciato l’ingiustizia subita con un video su YouTube (con il volto coperto, essendo ancora minorenne) si sono immediatamente schierate le associazioni femministe e gran parte dell’opinione pubblica, che lanciando l’hashtag #EnDefensaPropria hanno chiesto che venisse applicata la legittima difesa nel suo caso.

Fonte: web

Il tribunale ha fortunatamente accolto gli appelli fatti in suo favore, dato che, il 29 giugno 2017, la procura generale di Città del Messico l’ha scagionata. Nel provvedimento, riportato da El Pais, si legge:

La vittima non ha alcuna responsabilità perché ha agito per legittima difesa, perché la sua integrità fisica e la sua vita erano a rischio.

Naturalmente la violenza non giustifica altra violenza, ma nel caso di Itzel a colpire positivamente è soprattutto il fatto che la legge, almeno per una volta, si sia messa davvero dalla parte della vittima, comprendendone le ragioni e “perdonando” l’atto commesso. Ma non si dovrebbe mai arrivare al punto in cui una donna diventi pronta a uccidere, pur di difendersi da uno stupro: la libertà di circolare liberamente da sole, a qualsiasi ora del giorno, vestite in qualunque modo si desideri senza che questo “legittimi” nessuno a toccarci dovrebbe essere garantita a priori, per ogni donna, in qualunque paese del mondo.

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