Tutte più o meno sogniamo di poter indossare, almeno una volta nella vita, un abito da gran sera, di quelli da red carpet, per intenderci; ma, a meno che non nutriamo velleità artistiche o ambiamo a diventare la compagna di una star al cui fianco percorrere il tappeto rosso, ahimè il privilegio di sfilare avvolte in meravigliosi vestiti pieni di luci, pietre e svolazzanti come farfalle è riservato davvero a poche.

E, del resto, siamo perfettamente consapevoli del fatto che gli abiti di quel genere possano passare giusto dalle passerelle delle fashion week direttamente a quelle di festival del cinema, degli Oscar o di qualche altro premio prestigioso; insomma, nessuna di noi si sognerebbe di indossarli per andare a fare la spesa… oppure no?

Beh, c’è chi questo bizzarro tentativo ha voluto farlo: Jaya Saxena, una freelance che scrive, fra gli altri, per Elle e il The Guardian, ha infatti provato a indossare per un giorno intero un abito visto addosso alla top model Bella Hadid; e non un abito qualsiasi, ma un Michelle Mason, lungo, satinato, con uno spacco a dir poco vertiginoso che, al minimo movimento, non lascia nulla, ma proprio nulla, all’immaginazione. Un po’ sulla scia di quello, che tanto fece discutere, indossato da Belen a Sanremo nel 2012.

Jaya ha fatto esattamente tutto quello che avrebbe dovuto fare quel giorno, girando per le strade di New York in quel complicatissimo abito, raccontando ironicamente il tutto su Cosmopolitan; questo al fine di dimostrare che, benché questi vestiti non siano pensati per la vita di tutti i giorni, anche un’operazione come scendere o salire le scale, che alle star può capitare di dover fare, può diventare davvero complessa.

Fonte: getty

Ho cominciato facendo ciò che molte stelle dello schermo fanno in questi abiti, stare in posa. Non era così male. Seduta alla mia scrivania, avevo il pieno controllo dello spacco e, anche se avesse iniziato a scivolare, avrei sempre potuto infilarmi meglio sotto la scrivania.

Fuori, sono iniziati i problemi. Seduta, non potevo tenere le gambe aperte (ovviamente), ma anche accavallandole facevo scivolare il tessuto satinato da un lato, rivelando abbastanza della mia coscia da poter essere legalmente considerato il mio culo a quel punto. Aggiungo a quello che ho deciso di prendere un caffè ghiacciato. Pensavo di seguire il consiglio di Bella e di mangiare un gelato, ma visto che l’abito era preso in prestito, e ho dimenticato di portare un Lactacid, ho preferito evitare.

Fonte: Kathryn Wirsing

Posare in piedi non è stato molto più facile. Mi sono ricordata che Bella stava in una posizione scomoda, sollevando un lato della gonna. Ho provato, ma poi una leggera brezza ha deciso che era giunto il momento per me di rimanere nuda dalla vita giù, alla vista di chiunque guardasse (era una giornata calda a Central Park, quindi un sacco di gente stava guardando). Ero fisicamente ed emotivamente esposta.

Fonte: Kathryn Wirsing

Camminare è stato ancora più arduo. Anche se non c’era il vento contro cui combattere, cercando di camminare al mio normale passo di New York ho fatto gonfiare la gonna, spingendo indietro lo spacco fino a rivelare la parte anteriore del perizoma. Ho provato a camminare più lentamente, ma era sempre un problema. Delle scale, nemmeno a parlarne. Onestamente, c’è un modo per indossare questo abito senza incorrere in uno di questi pericoli? Perché sto esaurendo le opzioni.

Fonte: Kathryn Wirsing

Naturalmente, però, Jaya ha dovuto fare i conti anche con gli sguardi e i commenti della gente; quelli degli uomini, ad esempio, l’hanno messa a disagio, perché

Pur non avendo problemi a osare con l’abbigliamento (come dimostra la mia decisione di intraprendere anche questo ridicolo esperimento) e non preoccupandomi di lasciar intravedere un capezzolo sulla spiaggia, gli occhi fissi e i sorrisi insistenti all’improvviso mi hanno resa molto consapevole del mio corpo e in quel momento mi hanno fatto desiderare che non esistesse. 

Proprio nel momento in cui il disagio e l’imbarazzo la stavano spingendo di nuovo verso l’ufficio, è intervenuta una donna a “salvarla”…fischiandole.

In piedi sul marciapiede, ho sentito una donna esclamare “Oooh, guarda quelle gambe, ragazza!”. Un’altra ha semplicemente detto: “Sembri stupefacente”. Quattro o cinque volte, le donne mi hanno fatto complimenti aumentando completamente la mia autostima.

Fonte: Kathryn Wirsing

Le donne, di solito molto rapide nel criticare e nel giudicare le altre, questa volta si sono rivelate le più importanti complici di Jaya, e delle ammiratrici sincere.

È strano pensare – conclude Jaya – che lo stesso comportamento che mi ha messo a disagio, fatto dagli uomini, mi abbia invece sollevata a riscontrarlo nelle donne, ma c’è una dinamica di genere precisa in questo. Quando un uomo fischia a una donna, sta giocando il ruolo di generazioni di uomini che esercitano potere sulle donne, farti sapere che sta guardando, che ha valutato il tuo corpo e che potrebbe averti, se lo volesse. Anche se questa non è la sua intenzione, l’intera storia delle relazioni di genere lo pone in quel contesto.
Le donne che mi hanno fischiato probabilmente non lo hanno fatto per attrazione sessuale, ma anche se fosse, i loro commenti hanno intrinsecamente avuto un tono diverso. Siamo in un campo di gioco paritario. Sinceramente, non importa quale donna mi gridi, non ho mai paura che mi accompagnerà a casa e mi ucciderà. Invece, i loro commenti mi hanno ricordato che mentre, sì, questo vestito lo indossavo per sentirmi una star, loro non stavano cercando di rivendicare la proprietà su di me. Il mio corpo era mio. La strada era nostra. Non ho dovuto lasciare che gli uomini pretendessero il diritto allo spazio pubblico.

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