Per molte donne, ancora oggi, spesso si pone il problema del conciliare lavoro e famiglia; anzi, soprattutto dopo un evento senza precedenti come la pandemia di Covid milioni di donne in tutto il mondo hanno dovuto giocoforza scegliere per la famiglia, per occuparsi dei figli, dato che, dati alla mano, ancora oggi la situazione racconta di un carico domestico in larga parte sulle spalle delle donne.

Per questo politiche di maternità – e di paternità – sono necessarie e non possono passare in secondo piano; d’altro canto, anche l’idea che una donna possa essere “multitasking” non dovrebbe essere considerata come un dato di fatto assodato, ma piuttosto come una libera scelta della persona. In questo senso possiamo citare l’esempio di Marissa Mayer, una delle donne in grado di lavorare qualcosa come 130 ore settimanali e tirar su tre figli. Che ha preso esattamente questa scelta, ma ripetiamo: è una sua scelta, che non deve valere necessariamente per tutte.

Chi è Marissa Mayer

Fonte: instagram @marissamayer

Quarantasette anni, laureata con lode in sistemi simbolici e specializzata in informatica dalla Stanford University (in entrambi i corsi ha focalizzato la sua attenzione sul campo dell’intelligenza artificiale), una laurea honoris causa dall’Illinois Institute of Technology conferita nel 2009, Marissa Mayer  è stata la ventesima dipendente di Google, inserita nell’organico dell’azienda appena ventiquattrenne, nel 1999.

Da allora di strada, dal punto di vista professionale, ne ha fatta davvero tanta, arrivando a ricoprire il ruolo di CEO per Yahoo nel 2012, posizione che ha lasciato solo a gennaio 2017, in seguito alle dimissioni causate dalle aspre critiche ricevute per la gestione aziendale, dovute in particolare a intrusioni hacker non risolte e non tempestivamente comunicate, in cui sono stati rubati dati sensibili degli utenti.

Secondo alcuni, però, un ruolo centrale in questa scelta l’ha giocata anche chi accusava Marissa Mayer di aver “svenduto” Yahoo a Verizon, una holding del colosso cinese di e-commerce Alibaba, che ha rinominato la nuova fusione Altaba. Fatto sta che da Yahoo Marissa Mayer ha ottenuto una buonuscita da record, pari a 23 milioni di dollari. Davvero niente male, ma la cifra, proprio in virtù delle accuse di vendita al ribasso, era comunque inferiore rispetto a quella inizialmente pattuita, pari a 57 milioni.

Nel novembre 2020 Marissa Mayer è scesa di nuovo in campo, stavolta diventando co-fondatrice e CEO di Sunshine Contacts, il primo servizio della startup co-fondata nel 2018 con Enrico Muñoz Torres, Lumi Labs (ribattezzata Sunshine), un’app che gestisce i contatti e cerca di aiutare con una migliore organizzazione dei contatti del proprio iPhone, attraverso la tecnologia.

Lavorare 130 ore settimanali? Si può!

Aveva fatto discutere, e non poco, un’intervista rilasciata da Marissa Mayer nell’agosto 2106 a Bloomberg, nella quale l’allora amministratore delegato di Yahoo sosteneva che fosse assolutamente possibile lavorare 130 ore a settimana; anzi, l’avere dipendenti che si impegnano duramente sarebbe proprio alla base del successo delle aziende. Come si può riuscire a conciliare la dedizione professionale con la vita privata? È tutta questione di organizzazione, sostiene Mayer, e certo non è necessario ricorrere a metodi estremi per poter raggiungere l’apice della carriera.

Bisogna sapersi organizzare bene. Pianificare quando dormi, quando fai la doccia e anche quanto spesso vai in bagno. Nella sede di Google c’erano le ‘nap room’. In diverse società americane dove il lavoro è ininterrotto giorno e notte, come nelle sedi delle tv, ci sono le stanze del pisolino per spezzare il nastro di una giornata lunghissima. Ma può anche accadere che si rimanga a dormire sul posto di lavoro.

Era considerato più sicuro rimanere in ufficio che scendere nel parcheggio e andare a prendere la macchina alle tre di notte. Per i miei primi cinque anni ho fatto più o meno una notte bianca di lavoro a settimana.

Okay, questa vita, per quanto snervante, poteva andar bene finché Marissa Mayer non era madre: ma una volta messo al mondo il primo figlio, nato proprio nel 2012, in contemporanea con la nomina a CEO, come sono cambiate le sue abitudini lavorative?

La società non poteva permettersi il lusso di avere un amministratore delegato che rimaneva a casa quattro o sei mesi. Così ho inserito il bambino nel mio stile di vita. Per quattro mesi l’ho tenuto con me in ufficio anche quando rispondevo agli analisti nelle conference call. Ha cominciato ad orecchiare i discorsi sui fatturati e le trattative per un accordo. E mostrava di capire.

La discussione su questo tema è comunque sempre molto accesa, come dimostrano le polemiche sulle recenti dichiarazioni della stilista e imprenditrice Elisabetta Franchi, proprio sull’argomento delle donne lavoratrici che ricoprono incarichi dirigenziali.

L’arrivo delle due gemelle, invece, è coinciso all’incirca con il passaggio di Yahoo a Verizon e, nonostante Marissa Mayer si dichiarasse già pronta a ripetere l’esperienza fatta con il primogenito, portandosi i neonati in ufficio, la decisione di dimettersi ha cambiato le carte in tavola.

Come detto, quello di Marissa Mayer è un singolo percorso, e una storia personale che non deve valere per tutte o far sentire le donne “meno” perché non riescono a stare a questo passo; la sola cosa che dovrebbe essere importante è lottare per politiche di famiglia e lavorative che non sottopongano più le donne che desiderano continuare a lavorare anche dopo la nascita dei figli a veri e propri “ricatti”.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!