Di lei ricordiamo la sua figura esile, quella bellezza elfica, semplice ed eterea, quell’eleganza innata che riusciva ad emanare fuori e dentro il grande schermo. E’ stata la principessa Anna in “Vacanze Romane”, la timida bibliotecaria in “Cenerentola a Parigi”, la suora in “Storia di una monaca”, un’indimenticabile Natasha in “Guerra e pace”, la zoticona rieducata in “My Fair Lady”: Audrey Hepburn è stata tutto questo e molto altro, ma sempre con lo charme disarmante e la naturale classe che la distinguevano.

Nata a Bruxelles nel 1929, Audrey ereditò il personale elegante e aristocratico di sua madre, la Baronessa Van Heemstra. Studò danza per molti anni, ma la sua altezza e le sua magrezza eccessiva dovuta alla malnutrizione patita nel periodo della guerra, le impedirono di avere successo. Negli anni ’50 iniziò la sua sfolgorante carriera di attrice, grazie al provino per il ruolo da protagonista in “Vacanze Romane” nel quale ammaliò la produzione e il regista con la sua dolcezza e la sua spontaneità. Nel 1954 recitò in “Sabrina”, da allora e per molti altri film il suo guardaroba fu curato dallo stilista Hubert de Givenchy con il quale cominciò un sincero e solido rapporto di amicizia che sarebbe durato per tutta la vita.“Si dice spesso che l’abito non faccia il monaco, ma a me la moda ha dato spesso la sicurezza di cui avevo bisogno. Personalmente dipendo da Givenchy come le donne americane dipendono dal loro psicanalista” Dichiarò Audrey in seguito. Indimenticabile il famoso tubino nero di “Colazione da Tiffany”, l’abito principesco in “Sabrina” e i cappotti dai colori sgargianti in Sciarada. Audrey ebbe due figli, Sean (1960) e Luca (1970) avuti dai suoi due mariti, l’attore e regista Mel Ferrer e lo psichiatra italiano Andrea Dotti.

Negli anni ’80 l’attrice cominciò l’impegno umanitario come ambasciatrice speciale dell’UNICEF, incarico che la porterà ad intraprendere numerosi viaggi nelle zone più disagiate del mondo. Memorabili le foto che la ritraggono circondata dai bambini che si stringono intorno a lei. Era sempre pronta a regalare ad ognuno di loro il suo sorriso caloroso e spontaneo. “La vita mi ha dato tanto in tutti questi anni, sento che è arrivato il momento di ripagarla, di restituire qualcosa in cambio. Il termine “Terzo Mondo” non mi piace perché siamo tutti parte di un mondo solo. Voglio che la gente sappia che la maggior parte degli esseri umani sta soffrendo” dichiarò la Hepburn. Nel 1992, dopo un lungo viaggio in Somalia, le fu diagnosticato il tumore al colon che l’avrebbe portata alla morte il 20 gennaio del 1993 esattamente 20 anni fa.

In un mondo in cui le effimere starlette siliconate si trovano costantemente sotto i riflettori del gossip e hanno il dominio dell’attenzione mediatica, la figura di Audrey Hepburn rimane per sempre scolpita nella nostra memoria e nei nostri cuori per ricordarci il vero valore della bellezza autentica che non si riflette soltanto nell’aspetto fisico, ma nella gentilezza, nella bontà e nella nobiltà d’animo, qualità impossibili da comprare con tutto l’oro del mondo.

La bellezza di una donna non dipende dai vestiti che indossa né dall’aspetto che possiede o dal modo di pettinarsi.
La bellezza di una donna si deve percepire dai suoi occhi, perché quella è la porta del suo cuore, il posto nel quale risiede l’amore.

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