Le castagne sono da sempre il frutto più atteso dell’autunno. Ma qualcuno pensa che questo frutto abbia dei poteri miracolosi. Non ci riferiamo sicuramente alla fonte di acido folico presente nelle castagne, che le pone tra gli alimenti consigliati alle donne incinte, insieme con la frutta secca, ma a ben altre proprietà. C’è infatti chi ritiene che le castagne possano tutelare dal raffreddore. Ma davvero è così?

Sicuramente le castagne contengono anche tante vitamine, ma la credenza popolare non fa certo riferimento alle proprietà del frutto: si crede infatti che tenerne un paio molto vicini, in tasca o altrove, possa tener lontani raffreddori e influenze. In questo modo, le castagne avrebbero un potere strabiliante, ma bisogna fare un piccolo passo indietro.

I frutti cui fa riferimento la credenza popolare non sono quelle che noi mangiamo in questo periodo dell’anno, quelle che diventano caldarroste agli angoli delle strade o che le più ardite tra di noi trasformano in gustosi Mont Blanc. Anzi, le castagne della credenza non si mangiano affatto, perché non sono commestibili. Le castagne che mangiamo vengono dai castagni, una coltura ben radicata sul territorio italiano, che rappresenta una grossa fonte per l’economia e, naturalmente, per la nostra dieta mediterranea. Le castagne della credenza sono invece il frutto dell’ippocastano, che veniva dato ai cavalli – da cui il nome di ippocastano appunto – e che oggi si sa essere tossico per gli esseri umani.

I frutti provenienti dall’ippocastano quindi sono dette «castagne matte» e, di generazione in generazione, si è diffusa la convinzione che mettessero al riparo dai malanni di stagione. Ovviamente, se così fosse addio medicinali, addio integratori di vitamina C, addio dolori articolari causati da freddo e umidità, e soprattutto addio febbre, addio naso che cola, addio brodo di pollo tra le lenzuola mentre il mondo là fuori va avanti senza di noi. Sarebbe davvero bello.

Secondo la credenza popolare, le castagne, per tutelare dal raffreddore, andrebbero messe in una tasca del cappotto per tutto l’autunno e l’inverno. Ogni persona è diversa e quindi c’è chi nasconde le castagne matte nel portapenne in ufficio, la casalinga che le tiene su un ripiano della cucina, lo sportivo che ne nasconde una dentro un calzino o lo studente che ne tiene un paio nell’astuccio – ché non si sa mai, oltre al raffreddore queste castagne non servissero anche contro latino e matematica.

Le castagne dell’ippocastano devono la credenza del loro potere curativo alla escina, una sostanza con capacità antinfiammatorie. Noi la usiamo nelle creme cosmetiche, in particolare quelle con azione anti cellulite. In antichità si usava masticare la buccia più esterna delle castagne: questo gesto era quello ritenuto alla base della salvaguardia dal raffreddore. Oggi non lo faremmo mai, perché sappiamo quanto questo gesto sia in realtà molto tossico.

Quindi bisogna scindere tra credenze popolari che funzionano e altre che si sono trasformate nell’immaginario collettivo diventando delle divertenti leggende metropolitane e niente più. Esattamente com’è accaduto a questa. O come le leggende relative ai licantropi. Noi non possiamo, ad esempio, credere che uomini si trasformino in lupi mannari, ma possiamo credere che le fasi della luna, in particolare la luna piena, influenzino il comportamento dell’acqua. Lo vediamo chiaramente con le maree, e dobbiamo ricordare che il nostro corpo è fatto d’acqua per i due terzi: quindi il comportamento insolito di qualcuno durante la luna piena è diventata una vera e propria leggenda sui lupi mannari.

Non fa male a nessuno però portare con sé un paio di frutti di ippocastano in tasca, a meno che non le si scambi per delle caramelle e si cerchi di mangiarle, perché – ricordiamo – le castagne matte sono tossiche. Ben altro affare sarebbe incolpare qualcuno di essere un licantropo, perché quelli esistono solo nei film e nei telefilm dell’orrore.

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