Terremoto, è tempo di "Cercare chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e dargli spazio"

Possiamo limitarci a mettere like, postare bandiere a lutto, manifestare il dolore per hashtag o possiamo scegliere di fare o meno queste cose non dimenticandoci però di portare il nostro contributo concreto. Si chiama coerenza. Altrimenti sarà ancora, di nuovo, la fiera dell'apparire, di chi ha fatto più like e della retorica. Ma abbiamo di fronte immagini di persone che ci mostrano una via diversa e ci fanno credere che possiamo essere molto di più. Umani, tanto per cominciare.

Ci sono tante strade possibili da percorrere in questi giorni in cui l’Italia è stata, ancora una volta, ferita, straziata e ora conta le sue vittime che, in molti casi, hanno le manine piccole dei bambini. Non meno innocenti, impotenti e da piangere quelle adulte, sorprese da una notte che non ha portato un nuovo giorno.

C’è la strada, agghiacciante, delle “legioni di imbecilli” che quando c’è da cavalcare un hashtag in trending topic per postare selfie sexy o lanciare il meme ironico da re degli ignoranti non si fermano neppure di fronte alla morte. Con buona pace di Umberto Eco che, quando li appellò così, fu mediaticamente crocifisso.

C’è la strada di chi perde tempo a insultarli condividendo e ritwittando screenshot a riprova dei loro post rimossi, senza rendersi conto che queste persone piccole ed emotivamente sterili non meritano una sola parola, né la ribalta (da loro tanto agognata) concessa dal nostro sdegno.

C’è la strada di chi ‘scava’ alla ricerca non dei vivi, ma dei morti ché, come mi disse una volta un giornalista per ‘insegnarmi il mestiere’: “son quelli che fanno notizia, soprattutto se giovani”, cosa peraltro tristemente vera (e noi per primi non siamo esenti da colpe). E c’è la strada di chi a questo gioco del reality ci gioca, mette like e condivide. 

C’è la strada della polemica, quella del politico contro l’amministrazione rivale che non ha fatto abbastanza, quella del cittadino contro le istituzioni e l’Italia in generale. Polemiche, accuse, recriminazioni, che invece di spalare detriti, gettano sabbia negli occhi e, quando non sono strumentali e utili a portare l’acqua al proprio mulino, sono sterili e non sollevano un solo masso per salvare e ricostruire.
E allora che si fa, bisogna stare zitti? No, ma ci sarà un tempo per le polemiche e quel tempo non è ora. Ci sarà tempo per chiedere a gran voce e per cambiare le cose, magari facendo un gesto rivoluzionario, quanto sconosciuto a molti italiani, come quello di votare invece di inveire a vuoto sui social. Ci sarà un tempo per quelli che, invece di cercare il palcoscenico di un hashtag e spenti i riflettori, avranno ancora la legittima e sacrosanta veemenza di oggi. 

E poi  c’è anche un’altra strada, quella che Italo Calvino definisce ne Le città invisibili quando scrive:

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui:

cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

E di fiori, tra le macerie di questa Italia martoriata, ce ne sono tanti ed è su questi che si può pensare di ricostruire, è su questi che vale la pena concentrarsi per ricominciare, è a loro che va dato spazio, per continuare a sperare e credere non (o almeno non solo) ai miracoli ma anche in un’umanità stanca ma bella, ferita ma non sconfitta e ancora capace di lottare e amare.

Ne raccogliamo qui solo alcuni, rappresentavi dei tanti che sbocciano all’ombra dei riflettori in questi giorni, perché come ha scritto Saviano su Repubblica:

Non sembri scontato, mai. Non sembri che così debbano andare naturalmente le cose. L’aiuto che sta partendo dalla Sicilia al Piemonte, da italiani e immigrati, verso le zone terremotate dell’Italia centrale è la dimostrazione di un immenso slancio umano.
Quell’immenso slancio umano che ancora contraddistingue il nostro Paese. Non accade così ovunque, non accade con così forte istinto. È il nostro patrimonio più prezioso.

1. Il cuore instancabile dei soccorritori

Fonte: Web
Fonte: Web

Lo sono le loro braccia, lo sono i loro cuori: instancabili. Sono volontari, unità cinofile, speleologi, Vigili del Fuoco, Croce Rossa Italiana, militari dell’Esercito italiano, persone comuni che si sono messe in moto appena il sisma di magnitudo 6.0 ha raso al suolo interi borghi.

E c’è la gente del posto, le vittime di questa tragedia in persona che, non si sono concesse nemmeno il tempo per il dolore, la paura e la rabbia, e hanno immediatamente intrapreso la corsa contro il tempo, guidate dal solo scopo di estrarre più superstiti possibili dalle macerie.

Sono migliaia e migliaia, quelli sul posto e quelli pronti a partire. Ma ATTENZIONE: se volete aiutare non mettetevi in viaggio di vostra iniziativa. È fondamentale che i soccorsi, per essere organizzati, siano efficaci: ecco quindi cosa bisogna fare.

Ma ecco anche altri eroi o, semplicemente, uomini degni del loro nome:

2. L’umanità che si (ri)scopre umana


Giusto per restare in tema di “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Questa è la solidarietà concreta di chi si mette in gioco. Questi sono i post che dimostrano l’elevato potenziale positivo dei social.
L’Hotel Mario di Cesenatico non è l’unico ad essersi offerto. Altri lo hanno fatto e se chi legge è un albergatore o dispone di alloggi ed è interessato a offrirsi può farlo coordinandosi con la Protezione Civile.

3. La solidarietà senza frontiere

Fonte: Web
Fonte: Web

Ovviamente non sono mancate le polemiche anche sui profughi richiedenti asilo che, residenti in varie strutture di Italia, si sono offerti per aiutare i soccorsi. Sono circa una ventina quelli partiti da una struttura di Monteprandone. Altri sono in arrivo dalla Campania e da altre zone d’Italia.

Italiani o no, si è mobilitato un esercito buono e solerte di braccia che si tendono a prendere altre mani, che scavano fino a farsi male e che stanno realizzando i miracoli che solo un’umanità solidale può ancora fare. Come questi:

4. L’abbraccio simbolo della speranza

Lei è Giulia, estratta dalle macerie ad Amatrice. L’abbraccio con uno dei soccorritori è l’emblema della speranza di una terra.

Ma il suo non è l’unico salvataggio miracoloso. C’è chi è stato estratto dalle macerie 15 ore dopo, come Giorgia:

5. Giorgia, 5 anni, salva dopo 15 ore sotto i detriti

Fonte: toscana-notizie.it
Fonte: toscana-notizie.it

Ha 5 anni, Giorgia, estratta viva dalle macerie a Pescara del Tronto 15 ore dopo il terremoto.

6. Altri due bambini salvati ad Amatrice

7. Il papà arrivato da Roma scava e salva i suoi bambini

Fonte: Web
Fonte: Web

Pescara del Tronto è uno dei paesi più colpiti, di cui resta poco. Ma anche da qui arriva la bella notizia di un papà che, arrivato di corsa da Roma subito dopo il terremoto, ha scavato nella notte insieme ai Vigili del Fuoco, riuscendo a riabbracciare i suo due bambini di 4 e 6 anni.

8. A tutti i non-eroi che resteranno anonimi

Fonte: Web
Fonte: Web

Questi e numerosi altri sono i salvataggi “noti”, immortalati da una telecamera o da una macchina fotografica presente al momento giusto nel posto giusto.  Sono l’emblema di una macchina organizzativa che si è messa in moto subito e di uno slancio umano di solidarietà che sta strappando alla terra quanti più superstiti possibili.

Di fronte a questi non eroi, ma semplicemente uomini umani, non si può che scegliere la strada che cerca e salva, dall’inferno, ciò che inferno non è. Nonostante tutto. Per farlo c’è solo una cosa da fare: aiutare.
Basta farsi distrarre da polemiche e starlette alla ricerca della ribalta: scendiamo in campo, concretamente, ognuno nel rispetto delle proprie possibilità.

Possiamo limitarci a mettere like, postare bandiere a lutto, manifestare il dolore per hashtag o possiamo scegliere di fare o meno queste cose non dimenticandoci però di portare il nostro contributo concreto (qui anche tutti gli altri modi, concreti, per aiutare le popolazioni colpite dal sisma).

Si chiama coerenza. Altrimenti sarà ancora, di nuovo, la fiera dell’apparire, di chi ha fatto più like e della retorica.Ma abbiamo di fronte immagini di persone che ci mostrano una via diversa e ci fanno credere che possiamo essere molto di più. Umani, tanto per cominciare.

Fonte: romadaleggere.it
Fonte: romadaleggere.it

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!