Il razzismo non è una cosa antiquata o di cui scandalizzarsi. E’ sempre presente, non contano i tempi moderni che stiamo vivendo, forse fa parte di un antico istinto di conservazione o sopravvivenza, che si fa largo in menti ancora piuttosto arretrate che come ben sappiamo, non conoscono antichità: sono sempreverdi, le trovi ovunque.

Anche allo stadio. Si sa che in questo luogo si danno spazio ad pulsioni sopite e ci si permette di dare sfogo a tutto, ma proprio a tutto, un po’ regredendo;  non serve ricordare tutti i fatti  successi e quanto poco serva per rovinare anche quello che dovrebbe essere un divertimento, ma ora allo stadio ci entra pure un nuovo ospite, e non se ne sta in panchina. Ed è il razzismo. Succede a Busto Arsizio (MI) in quella che avrebbe dovuto essere l’amichevole degli esperimenti a centrocampo del Milan, che giocava contro la Pro Patria. Le tribune gremite. La partita inizia ma c’è qualcosa che non va, dei pecoroni (un parola gentile per definirli) inzia a intonare una serie di versi, di “ululati”, rivolti al giocatore del Milan Kevin Prince Boateng, che poi si sono anche trasformati in insulti alla fidanzata Melissa Satta. Il calciatore dopo un po’ non ce l’ha più fatta: ha scagliato il pallone contro il gruppo che lo insultava e se n’è andato, sostenuto dai compagni di squadra e anche dal pubblico. A seguire poi, tutta una serie di dichiarazioni e vari tweet che hanno dato ragione al Milan e a Boateng, ma anche critiche da parte del sindaco di Busto Arsizio che ha ritenuto sbagliato seppur comprensibile lanciare il pallone verso il pubblico, vista la presenza anche di bambini. Qui, ognuno avrà la propria idea etica e politica al riguardo. Certamente la presa di posizione è significativa, e lascia sperare che certi fatti non si verifichino più.

Tutti si sorprendono di come possano ancora accadere cose del genere. Sinceramente non c’è molto da soprendersi in quanto il razzismo esisterà sempre fintanto che esisteranno persone disposte ad accoglierlo, persone che purtroppo ragionano limitatamente, che guardano solo il proprio orticello senza sapere quanto vasto e complesso è il mondo.

Forse, più che il razzismo, è l’ignoranza la cosa più grave.

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